Le Porte di Pietra: La 100 Porte 2015


Una bellissima corsa che non farò mai più.

E' il pensiero che, parafrasando un libro cult, ho pensato un paio di volte: erano i momenti di sconforto e difficoltà. Prassi in una competizione di endurance. Prima ancora, intorno al 50 km, mi sono lamentato con mio fratello, compagno di questa avventura: - mi sto rompendo il cazzo con questa pioggia e questo vento! Ma che divertimento è? Per fortuna, ero ancora lucido, tanto da dare seguito a quello appena affermato: - zitto e continua, saranno questi i momenti più belli che ti ricorderai.

Banale verità.

Le condizioni meteorologiche erano impegnative, ma non particolarmente influenti. La notte è passata asciutta. Il temuto sonno, patito e sofferto al Magredi, non mi ha minimamente condizionato.

Esclusa la salita alla Croce degli Alpini, la prima parte sino al Monte Antola è un po' monotona. Un tunnel buio, in cui ho cercato il giusto passo, la giusta integrazione e ovviamente ho dato voce ai miliardi di pensieri sulla quotidianità e non: vi confido che un paio di volte ho tagliato per primo il traguardo all'UTMB e sono salito in macchina con Charlize Theron in Fury Road.

In prossimità di San Fermo, prima sferzata di gelo che raffredda il sudore all'interno del guscio. Arriviamo sul Monte Antola e con piacere entriamo al caldo nella cappelletta adibito a ristoro con un po' di atleti a riposare, altri più in difficoltà. Aggiungiamo uno strato al vestiario, ne avevamo due,  e beviamo un té - alla pesca, bleah! - caldo. Inizia ad albeggiare, un po' di stanchezza affiora, ma si riprende bene. In poco arriviamo a Capanne di Carrega, dove la coca-cola della Maestra e Chiara ci attende: una piacevole sorpresa!

Un poco di asfalto poi la salita al Monte Carmo, sferzata da vento e pioggia leggera. Sali e scendi sulla cresta con il panorama che se prima era nascosto nel buio ora lo è dalle nuvole, sino al ristorante che ospita le sacche con il cambio. Qui, la mia gara cambia. Ma ovviamente ancora non lo sapevo.

Le calze Injinji si sono bucate oltre ad essersi rivelate troppo sottili. Questa l'impressione a caldo. Indosso le Drymax, più spesse, forse troppo. Faccio la cazzata di cambiare anche le scarpe. Mi tolgo il 'pezzo unico' di fango e Leadville per indossare delle fiammanti e usate poco 'solo' Leadville V2. La pianta poco più stretta unita alla calza più spessa e la pioggia più intensa sarà devastante.

Il piede stanco si gonfia e chiede spazio. Non trovandolo si arruffa su se stesso. In poche parole, dal km 65, si formano sotto le piante di entrambi i piedi delle vesciche che mi condizioneranno molto, che scrivo: moltissimo. Si, ok: fanno parte del gioco. Chi non le ha avute? Chi non ha ci ha mai corso sopra?

Sull'Ebro io e Fabio passiamo in piena bufera di vento e pioggia. Quando superata, incrociamo tre volontari, o almeno crediamo lo fossero, che salgono: nonostante l'avviso che lassù e brutto continuano il cammino. Iniziamo a scendere verso il rifugio Orsi: è questo il tratto più divertente, che corriamo con notevole velocità. Breve sosta, due parole con i volontari e un bicchiere di té. Riprendiamo in direzione del Monte Giarolo, stiamo bene, anche se il mio ritmo inizia a perdere un poco per l'aumentare del dolore/fastidio delle vesciche.

Passiamo velocemente i Piani di San Lorenzo, sino al bivio che da una parte porterebbe comodamente a Cantalupo, completando il percorso delle Porte e classificandoci nella stessa gara, anche se ultimi. Ci fermiamo, non in balia dell'indecisione ma per togliere il guscio: la temperatura sta salendo, il cielo si apre e ci aspetta la salita più temuta, già solo guardando l'altimetria prima di partire. Un po' di sali e scendi, poi salita ripidissima nel paesello di Volpara. Spezziamo il ritmo fermandoci alla fontana presente, riempiamole borracce, prendiamo un gel e via.

E' il momento in cui soffro di più: la salita si è stabilizzata, ma è continua. Salgo con fatica, complice anche i kg che era meglio non portare e avere dietro: un po' più di determinazione anche nel non pasticciare è auspicabile in futuro. Mangio un po' di pane con crema di arachidi e sciroppo di agave, che sino ad ora non avevo ancora morsicato: il buon sapore e la consistenza mi aiuta a mettere in ordine lo stomaco, non in subbuglio, ma indispettito da diversi gel, wafer e barrette: questa volta con l'integrazione sono stato piuttosto preciso e costante. Noto pero una panza più gonfia: di acqua o per qualche reazione chimica misteriosa?

Durante la lunga salita non superiamo ne siamo superati da nessuno. Prima di sbucare in cima, attraversiamo un bosco bello fresco, poi virata di 180° e tutto si apre: la cima del Monte Cosfrone e dei monti vicini sono belle tonde: sono le tette di madre natura. Lo strappo per raggiungere la sua cime mi toglie energie, ma il panorama si apre: è aria frizzante per l'umore. Umore sceso in basso perché le vesciche continuano a picchiare duro. Stringo i denti e ogni tanto corro, ma la postura è proprio del belino. Le ginocchia si gonfiano e fanno un po' male.

E' un peccato. Non sono solo deluso, ma frustrato: i muscoli, le gambe ci sono. Arriviamo a Piuzzo insieme a Raffaella, Maurizio e Federico, che ci hanno poco prima raggiunto. I GPS di tutti dicono una distanza, più o meno simile: abbondantemente sopra gli 80 km. Il ristoro invece risulta essere a 78 km. Un po' sconfortati, ci si rimette tutti in moto, dopo il ristoro a base di coca-cola e biscotti.

I miei piedi urlano. Quando vedo Cabella avvicinarsi, aumento il ritmo e  su strada bianca guadagno un po' di tempo sugli amici e in preda a un piccolo delirio cerco di raggiungere il paese il prima possibile: devo mettermi dei compeed o nastarmi l'avampiede. Esplodo di rabbia (interiore, beninteso: nessuno se n'é accorto...) nel riscontrare che i muscoli e la benzina ci sono: tutto vanificato dall'assenza di controllo. E' un crescere di sensazioni negative sino a quando m'inibisco per le mie vertigini in un breve passaggio sopra il fiume, esposto e non presidiato: ahi! ahi!

A Cabella altra coca-cola e un pezzo di focaccia. Nastro sui piedi, ma più di tanto non aiuterà. Si risale lungo il letto del fiume, e poi ancora per raggiungere la costa della collina di fronte al paese. Non conoscendo la zona non posso puntare l'indice accusatorio e tipico genovese, ma la sensazione che alcuni km siano volutamente cercati e forzati è piuttosto concreta. Chiaro: la stanchezza fa il suo, eh!

Fatico non poco, sono ultimo nel gruppetto. Le distante si moltiplicano esponenzialmente, le ore sulle gambe hanno superato le 20. Arriviamo a Rovello, dove riprendiamo il percorso delle Finestre di Pietra che ci porterà all'arrivo. Grazie alla simpatica Caterina, local del luogo conosciuta anni fa al Neander Trail, ci beviamo un po' di coca-cola 'riservata' e non prevista.

Non è finita, camminiamo e percorriamo innumerevoli sali scendi. Invito mio fratello a non aspettarmi più, al traguardo arriverò. Dopo di lui, ma arriverò. Mi staccano anche gli altri, non posso fare altro che camminare e male. Quando la discesa inizia, vedo Cantalupo Ligure avvicinarsi. Riprendo a correre e raggiungo Federico e Maurizio. Sto un po' con loro, anch'essi sofferenti per acciacchi diversi, e percorriamo la strada assieme. Poi li anticipo, sino a quando arrivato alle porte del paese sento bruciare il piede sinistro: una vescica è esplosa. Sto per togliermi la scarpa... ma vaffanculo! Mancano due chilometri, forse meno. Un paio di ghirigori, l'incrocio con gli ultimi arrivati delle Porte di Pietra e anche noi tagliamo il traguardo: il campanile ha da poco suonato le 21.

La manifestazione fa numeri importanti da 10 anni: questo è dato di fatto che va riconosciuto con pieno merito. Da migliorare l'infiocchettamento in generale, quello che si vede da fuori. Anacronistica la scelta del solo acqua ai ristori, quest'anno leggermente modificata: si disquisisce troppo spesso di materiale obbligatorio che l'atleta deve avere con se, tralasciando poi quello che l'organizzazione, indirettamente, può e deve fornire. E' più importante e gratificante avere tanti iscritti o tanti finisher? Pareri personali. Per quello che mi piacerebbe avere/vivere in una manifestazione di Trail Running di un certo richiamo come le Porte di Pietra sono.

Il percorso si sviluppa su un anfiteatro naturale. Ha un senso logico, escluse alcune - presunte ma comunque brevi - forzature. Il paesaggio appenninico e bello: la mia preferenza va ai secondi 50 km. Chiudo il cerchio dopo aver terminato le Finestre di Pietra e ritirato alle Porte di Pietra.

Non è bellissima, ma forse la rifarò.