Le Porte di Pietra 2012

Qualche giorno prima della gara, come tutti i giorni, per andare al lavoro percorro la sopraelevata.  Un paio di volte mi sono 'assentato' per qualche minuto. Forse un km. Complice il limite di velocità, e quindi il relativo transito lento, avevo immaginato scorrazzare sulle cime che caratterizzano la traversata nella Valle Borbera: l'Antola, il Carmo, l'Ebro.  Anche se alcune non le avevo mai 'visitate', immaginavo di passarci sopra, a tutta birra.  Ero pronto e preparato. Ancora di più eccitato.  Il nome stesso, Porte di Pietra, mi trasmetteva timore e rispetto. Ultratrail tra i primi, era uno degli obiettivi stagionali.  Finire il percorso sarebbe stato per me motivo di orgoglio e piacere.

Le Porte di Pietra, invece, si sono concluse nel peggiore dei modi: il ritiro. Giornata particolare. Calda, caldissima.  Il tempo metereologico ha prevalso sulla preparazione fisica e mentale di molti.  Mi sento bene, davvero. Mi alzo alle 5 e non sento nessu affaticamento da sonno. Preparo la mia razione K, che di chimico ha solo il nome, e poco dopo esco di casa.

La luce illumina già la città. Nessuna nuvola all'orizzonte. Arriviamo a Cantalupo Ligure in poco. L'agitazione sale e fa già caldo. Ma sembra che nessuno dia la giusta importanza alla temperatura. Partiamo e si sale subito. Qualche km per scremare il gruppo, prima della Salita alla Croce degli Alpini.  Superiamo la passerella di Pertuso, ci godiamo gli applausi e via, inizia la scalata. Ora il sole è più inteso, ed ora qualche allarme, inconsapevolmente, lo riceviamo.

Sono come al solito vicino alla coda del gruppone. Ma un po' di gente dietro è presente. Davanti una trailer scivola spesso. Il suo compagno l'aiuta e contemporaneamente gli scatta fotografie. Qualcuno borbotta. Appena dietro di me, il Grande Saggio Gino dice: - ringrazieremo questo ritmo! Lento e spezzato.

Il sole fa capolinea sulle nostre teste, siamo al 6 km, ma sembra che siamo in corsa da ore. Abbiamo tutti energie, in fondo siamo all'inizio. Ma consumeremo più di quanto previsto. Anche con la testa. Arriviamo in cima, ora un po' di sali e scendi.  Mi fermo al bivio per la strada verso Roccaforte. Scambio due parole un volontario, incontrato già l'anno scorso quando salimmo per fare una 'ricognizione' del percorso.

Mi indica tutto il percorso: - vedi, passerete di la, poi la ed in fine giù di li! La mia testa in quel momento riceve un input, forse non positivo.  Elabora, inconsciamente, che il tragitto è troppo lungo per come mi sento e per le condizioni metereologiche. Ma questo lo affermo ora, a posteriori. Dopo averci anche un po' pensato su.

Ora discesa, poi strada sterrata che è un forno ventilato. Ancora caldo, caldissimo. Arrivo al primo ristoro e vedo, con sorpresa, il compagno di squadra Alessandro sdraiato sul ritaglio  di prato in ombra. Non sta bene, ed è uno delle prime vittime. Mi dice che già ci sono altri ritiri illustri. Ma me basta interpretare il suo stato fisico per ricevere un secondo input, sempre negativo.

Sono affaticato, fiato corto. Non so per quale motivo cerco di fare tutto di fretta. Imparerò anche qui, che 70 km permettono soste più lunghe e  tranquille. Anche all'inizio. Tiro fuori i bastoncini nuovi di zecca: imparerò ad usarli. Riesco a 'tirare' Alessandro. Riparte con me, ma ovviamente per poco.  Sul pratone verde smeraldo scapperà via: Ci provo!

Inizio a soffrire di più e rallentare. Ho bevuto costantemente, ma forse non basta. Ho mangiato due pezzetti di grana: anche se piccoli forse - anzi, sicuramente - ho sbagliato. Il fisico, ora, all'inizio, aveva bisogno di benzina diversa. Per assurdo, anche se in piena sofferenza i km tra i 12 e 18 passano anche velocemente. Incontro un trailer che rilascia in Val Borbera quel poco che aveva nello stomaco. Un paio di altri mi superano.

Sto male. Mi fermo un attimo e provo a buttare un gel nello stomaco. Non ci riesco totalmente: gusto orrendo. Ossessivamente guardo il GPS, non tanto per la distanza, quanto per il ritmo. Lento, ma costante. Arrivo a Costa Salata e vedo da distante mio fratello sofferente vittima non tanto del caldo quanto dell'ernia. Chissà, forse avrebbe anche continuato. Butto nervosametne i bastoncini sul prato: è segno della resa. Consegno il pettorale e vado a comprarmi una coca-cola nell'adiacente ristorante. In poco tempo sto meglio, mi passa per la testa di ripartire, ma altri due trailer che tornano  indietro dopo essere ripartiti, mi fanno capire che non è il caso.  Forse tutti consapevoli che aver continuato sarebbe stato peggio. Va bene soffrire e faticare, ma entro un certo limite. Interpreto cosi anche i loro sguardi.

Scendiamo a Cantalupo con due volontarie. Incrociamo altri due ritirati  che stanno facendo ritorno a piedi.  La Finestre di Pietra sono pronte alla partenza.  Saluto e motivo il mio ritiro agli amici e compagni di squadra che si apprestano a partire. E forse, involontariamente, faccio del terrorismo psico-metereologico. Anche la loro gara sarà in egual modo caratterizzata da numerosi ritiri.

Sono deluso, ma a conti fatti è stato meglio cosi.  Questa edizione è partita, ma forse si era al limite per prendere certe decisioni su variazioni di percorso o integrazioni di ristori e nei ristori.  Alle PdP credo ri-parteciperò. In fondo anche io sono vittima del suo fascino. Maledizione.