L'Elbatrail, in questo breve reportage personale, inizia dalla fine. Da un pensiero di Francesco, in risposta ad un commento sulla durezza del percorso:
Arrivati tutti interi e con qualcosa di speciale in più!
Sono belle sensazioni, non starò a ripetermi e a riscriverle. Torniamo a casa affaticati, con dolori muscolari diffusi, ma ogni volta più soddisfatti e più consapevoli. Raggiungiamo un traguardo emotivo che le lacrime di gioia o i sorrisi disegnano e definiscono sul nostro volto, dentro di noi. Eccellente l'organizzazione dell'Elbatrail. Logistica perfetta: alloggi, colazioni, pranzi e cene abbondati e di qualità. Tutti gli introiti devoluti al progetto EleonoraXvincerE che sostiene l' Associazione Onlus Amici del Madagascar.
Partiamo da Genova presto, forse troppo. L'autostrada libera dal traffico, rende il tragitto piacevole e più breve del previsto. Si arriva a Piombino, facciamo i biglietti mancanti, che poi diventerà uno solo: il cane Carletta viaggerà gratis. Abbiamo un po' di tempo, facciamo un giro nel paese. Il clima è eccellente: le brezze marine tengono pulito quel che basta il cielo dalle nuvole. Ci godiamo un po' di panorama della passeggiata, disquisendo sui punti cardinali e il posizionamento delle isole nell'arcipelago toscano.
Andiamo a mangiare al ristorante Egidio: porzioni abbondanti e prezzi ragionevoli. Ma ci siamo dilungati nel camminare prima. Il porto e l'imbarco sono vicini, ma il tempo stringe. Le nostre lingue affondano nei piatti troppo velocemente. La pasta con ricotta, sugo e melanzane è di buon sapore, ma alla fine, forse per l'ansia di finirla velocemente, troppo 'pesante'. Via di corsa dal ristorante, BURP! Manovra 'da meno 5 punti' di Federico per le vie di Piombino. Ma la preoccupazione svanisce in un attimo: arriviamo subito e il traghetto, anche se in vista, deve ancora attraccare.
Sul traghetto incontriamo Elena con suo marito Mauro, i figli e sua sorella. Scambiamo un po' di parole sotto il piacevole sole, reso più fresco dalla brezza di navigazione. Il tempo passa che è un piacere. Arriviamo in un attimo all'Isola d'Elba. Sbarchiamo e in 30 minuti arriviamo a Marciana Marina, centro del mondo per noi in questo week - end. Incontriamo gli altri della Sisportgym, reduci da passaggiate e tour dell'isola. Smarchiamo il nostro arrivo per l'assegnazione dell'alloggio e depositati i bagagli andiamo tutti in passeggiata per alcune foto con la maglietta che indosseremo durate la gara: la LND correrà con noi. Negli scatti anche gli amici della ERGUS.
Alle 18.30 tutti al briefing. Prima ancora della descrizione del percorso, alcuni video e racconti del lavoro svolto dalla Onlus in Madagascar. Bello ed emozionate. La descrizione del percorso, poi, procede normalmente. Ma c'é una precisazione che ad un certo punto mi allarma. Il 'tratto attrezzato'. Ho scoperto di soffrire di vertigini non da molto tempo. Max, front-man dell'organizzazione, tranquillizza tutti: tratto breve e poco esposto. Ne riscriverò dopo.
Abbiamo già fame. Sarà il microclima dell'isola. Pasto ottimo, vario e abbonante nella sala dell'albergo che ospita tutti. Qualche giro sulla passeggiata di Marciana Marina e poi verso il nostro alloggio a nanna. Non sarà una dormita riposante, maledette abitudini. Mi giro e rigiro sul letto. Mi sveglio anche spesso. In certi momenti, ho desiderato che la sveglia suonasse quanto prima. Alle 5.00 sento le onde del mare infrangersi. E' lei: la sveglia. Ci alziamo e in poco siamo fuori in direzione hotel per la colazione. Ottima la crostata già assaggiata qualche ora prima. Tempo di cambiarsi, ritornare alla partenza e 'punzonarsi'. Emozionante il minuto di silenzio per ricordare Eleonora: tutti illuminati dai primi raggi del sole da una parte e dall'arcobaleno dall'altra.
Sono le 6.30, ma ai primi i muscoli e il cuore girà già a mille. Ci siamo infilati nelle prime posizioni e vedo sfrecciare molti. Passerrella nel paese, poi breve salita e tappo all'inizio del sentire. Si corre già a buon ritmo. I primi km li passo bene, da solo. Solite foto di rito, per me quasi un dovere scattarle. Sono ricordi che mi voglio portare dietro, insieme a tutto quello che la materia grigia ancora mi permette memorizzare. Si sale verso Marciana, siamo all'8 km. Il sole sta sorgendo e si nasconde ancora dietro alle nuvole. Per fortuna direi. A conti fatti, se avessimo corso in una giornata limpida e calda come verso la fine, sarebbe stato durissimo.
Ci aspetta ora il sentiero con le 14 stazioni della via Crucis , poi il percoso 'a mezza costa' dove si vede anche la Corsica. Ci si supera, ci si riprende. La discesa verso Pomonte mi galvanizza. Sto benone e scendo superando anche alcuni partecipanti. Vuoi vincere Daniele, eh?! Ovvio che la mia gara si corre sempre tra le ultime posizioni. Che sono le prime per chi vuole godere non solo della prestazione (il raggiungimento del traguardo) ma anche della natura e le emozioni annesse.
Quasi al 20 km incontro Federico zoppicante. Cazzo è successo? Diplomaticamente gli chiedo. Due storte, due! Mi conferma di riuscire ad arrivare sino al ristoro. Poco più in giù i soccorsi gli stanno andando incontro. Gli chiedo degli altri. Luca quasi all'arrivo, mio fratello e Francesco avanti di un bel po'. Gino a vista d'occhio. Cosi è: al ristoro il Grande Gino e li che riempie borracce e stomaco. Enrico e Alessia poco dietro a noi.
Ripartiamo assieme. Affrontiamo ora la salita impegnativa. Il sentiero dei profumi lo abbiamo percorso poco dopo la partenza, ma ora qui non si scherza. Altri passaggi in costa, alcuni corribili, tanti meno. Incrociamo diversi Caprili, il Monte Capanne, lassu ci scruta. Dobbiamo girarci attorno siamo ancora dall'altro versante. Ora siamo proprio dentro l'isola. Dentro la sua anima, nei suoi profumi e colori. Si corre un poco fino ad arrivare nel bosco che poi ci porterà al bivio più trafficato: trailer che salgono, trailer che scendono per andare verso il ristoro.
La discesona, che poi sarà salitona, è bella pendente. Con due bicchieri di coca-cola salirò con meno fatica di quanto avevo previsto. Il Monte Capanne è sempre più vicino. Prendo il telefono-macchina fotografica per scattare una foto, vedo che c'é un messaggio di mio fratello: non passare dal tratto attrezzato! Inizio un po' ad allarmarmi e mi dico: se è breve come anticipato, non dovrei preoccuparmi, però! Si corre un po', attraversiamo una frana di pietrone, che sembra una cascata congelata. Iniziamo la salita al monte, che da dislivello del GPS, dista non più di 200 metri. Arriviamo, così, al bivio: tratto attrezzato - percorso alternativo. Chiedo: è molto più lungo? - Non lo so! - risponde il volontario - nessuno è passato da qui. E incalza: Guarda, lassù. Puoi vedere il passaggio se vuoi. Allungo il collo, vedo i volontari del soccorso alpino. E più in su, diverse macchiette colorate che stanno raggiungendo la cima.
Decido, quindi, di passare dal tratto attrezzato. Forse, in quel momento, troppo debole emotivamente per prendere la giusta decisione. Salgo, carico. Più per la paura. Mi aggrappo alla corda di acciaio, invito Gino a starmi dietro (e ad infilzarmi con il bastoncino se gli rotolo addosso...) e inizio a tirarmi. Non mi giro, non devo farlo. Il passaggio, a parte due scaloni, in effetti non è troppo difficile. Esposto, ma c'é la corda. Cerco gli sguardi dei due ragazzi del soccorso, quasi invitandoli a darmi una mano in più. Loro è come ci fossero nati su quelle pietre. Superiamo il tratto, ora 10 metri 'normali'. Poi ecco il passaggio che mi fa uscire il cuore dalla gola. Meledette veritigini.
Passo in mezzo ai ragazzi volontari e alcuni trailer che hanno soccorso il ragazzo poi portato via con l'elicottero. Gli passo accanto, sento che gli parlano e vedo che ora sta bene. Probabilmente in questo momento sto peggio io che lui. L'esposizione è ora eccessiva. Ma tengo duro (cosa, poi???) e non guardo più in la di mezzo metro dai miei piedi. E' andata. Ora camminiamo si granito meno esposto e meno pendente. Mi sono agitato un bel po': l'aria che entra nei polmoni mi brucia. Ecco la cima. Ora mi fermo un attimo. E scatto questa maledetta fotografia, da quassu il mondo è mioooo!
Scolliniamo, per un attimo mi sembra di rifare un tratto simile , ma in discesa. Ma è solo un'impressione. Gino mi tranquillizza, come fatto per tutto il tratto precedente. Arriviamo al rifugio dove vicino fa capolinea la cabinovia. Salutiamo un po' di sconosciuti che ci guardano forse con stima, forse con pena. La discesa ora è una pietraia dove è difficile da correre. Sentiamo l'elicottero che arriva e che per un po' girerà sul monte. Ci raggiungono alcuni ragazzi con i quali scenderemo fino a Marciana. Passaggio nel centro storico, poi tratto asfaltato. Esce il sole e si sente subito. Per fortuna è subito bosco, e ora si corre un po' di più.
Ultimo km in comune con l'andata. Rispuntiamo alla fine del paese. Gino mette il turbo e anche io continuo a correre come se mi avessero fatto una inezione di adrenalina: sono appunto gli applausi finali, di sconosciuti, di parecipanti, di amici, uno dei motivi perché il traguardo con qualsiasi tempo è 'il traguardo da raggiungere'. Belin, che bello.
Arrivati tutti interi e con qualcosa di speciale in più!
Sono belle sensazioni, non starò a ripetermi e a riscriverle. Torniamo a casa affaticati, con dolori muscolari diffusi, ma ogni volta più soddisfatti e più consapevoli. Raggiungiamo un traguardo emotivo che le lacrime di gioia o i sorrisi disegnano e definiscono sul nostro volto, dentro di noi. Eccellente l'organizzazione dell'Elbatrail. Logistica perfetta: alloggi, colazioni, pranzi e cene abbondati e di qualità. Tutti gli introiti devoluti al progetto EleonoraXvincerE che sostiene l' Associazione Onlus Amici del Madagascar.
Partiamo da Genova presto, forse troppo. L'autostrada libera dal traffico, rende il tragitto piacevole e più breve del previsto. Si arriva a Piombino, facciamo i biglietti mancanti, che poi diventerà uno solo: il cane Carletta viaggerà gratis. Abbiamo un po' di tempo, facciamo un giro nel paese. Il clima è eccellente: le brezze marine tengono pulito quel che basta il cielo dalle nuvole. Ci godiamo un po' di panorama della passeggiata, disquisendo sui punti cardinali e il posizionamento delle isole nell'arcipelago toscano.
Andiamo a mangiare al ristorante Egidio: porzioni abbondanti e prezzi ragionevoli. Ma ci siamo dilungati nel camminare prima. Il porto e l'imbarco sono vicini, ma il tempo stringe. Le nostre lingue affondano nei piatti troppo velocemente. La pasta con ricotta, sugo e melanzane è di buon sapore, ma alla fine, forse per l'ansia di finirla velocemente, troppo 'pesante'. Via di corsa dal ristorante, BURP! Manovra 'da meno 5 punti' di Federico per le vie di Piombino. Ma la preoccupazione svanisce in un attimo: arriviamo subito e il traghetto, anche se in vista, deve ancora attraccare.
Sul traghetto incontriamo Elena con suo marito Mauro, i figli e sua sorella. Scambiamo un po' di parole sotto il piacevole sole, reso più fresco dalla brezza di navigazione. Il tempo passa che è un piacere. Arriviamo in un attimo all'Isola d'Elba. Sbarchiamo e in 30 minuti arriviamo a Marciana Marina, centro del mondo per noi in questo week - end. Incontriamo gli altri della Sisportgym, reduci da passaggiate e tour dell'isola. Smarchiamo il nostro arrivo per l'assegnazione dell'alloggio e depositati i bagagli andiamo tutti in passeggiata per alcune foto con la maglietta che indosseremo durate la gara: la LND correrà con noi. Negli scatti anche gli amici della ERGUS.
Alle 18.30 tutti al briefing. Prima ancora della descrizione del percorso, alcuni video e racconti del lavoro svolto dalla Onlus in Madagascar. Bello ed emozionate. La descrizione del percorso, poi, procede normalmente. Ma c'é una precisazione che ad un certo punto mi allarma. Il 'tratto attrezzato'. Ho scoperto di soffrire di vertigini non da molto tempo. Max, front-man dell'organizzazione, tranquillizza tutti: tratto breve e poco esposto. Ne riscriverò dopo.
Abbiamo già fame. Sarà il microclima dell'isola. Pasto ottimo, vario e abbonante nella sala dell'albergo che ospita tutti. Qualche giro sulla passeggiata di Marciana Marina e poi verso il nostro alloggio a nanna. Non sarà una dormita riposante, maledette abitudini. Mi giro e rigiro sul letto. Mi sveglio anche spesso. In certi momenti, ho desiderato che la sveglia suonasse quanto prima. Alle 5.00 sento le onde del mare infrangersi. E' lei: la sveglia. Ci alziamo e in poco siamo fuori in direzione hotel per la colazione. Ottima la crostata già assaggiata qualche ora prima. Tempo di cambiarsi, ritornare alla partenza e 'punzonarsi'. Emozionante il minuto di silenzio per ricordare Eleonora: tutti illuminati dai primi raggi del sole da una parte e dall'arcobaleno dall'altra.
Sono le 6.30, ma ai primi i muscoli e il cuore girà già a mille. Ci siamo infilati nelle prime posizioni e vedo sfrecciare molti. Passerrella nel paese, poi breve salita e tappo all'inizio del sentire. Si corre già a buon ritmo. I primi km li passo bene, da solo. Solite foto di rito, per me quasi un dovere scattarle. Sono ricordi che mi voglio portare dietro, insieme a tutto quello che la materia grigia ancora mi permette memorizzare. Si sale verso Marciana, siamo all'8 km. Il sole sta sorgendo e si nasconde ancora dietro alle nuvole. Per fortuna direi. A conti fatti, se avessimo corso in una giornata limpida e calda come verso la fine, sarebbe stato durissimo.
Ci aspetta ora il sentiero con le 14 stazioni della via Crucis , poi il percoso 'a mezza costa' dove si vede anche la Corsica. Ci si supera, ci si riprende. La discesa verso Pomonte mi galvanizza. Sto benone e scendo superando anche alcuni partecipanti. Vuoi vincere Daniele, eh?! Ovvio che la mia gara si corre sempre tra le ultime posizioni. Che sono le prime per chi vuole godere non solo della prestazione (il raggiungimento del traguardo) ma anche della natura e le emozioni annesse.
Quasi al 20 km incontro Federico zoppicante. Cazzo è successo? Diplomaticamente gli chiedo. Due storte, due! Mi conferma di riuscire ad arrivare sino al ristoro. Poco più in giù i soccorsi gli stanno andando incontro. Gli chiedo degli altri. Luca quasi all'arrivo, mio fratello e Francesco avanti di un bel po'. Gino a vista d'occhio. Cosi è: al ristoro il Grande Gino e li che riempie borracce e stomaco. Enrico e Alessia poco dietro a noi.
La discesona, che poi sarà salitona, è bella pendente. Con due bicchieri di coca-cola salirò con meno fatica di quanto avevo previsto. Il Monte Capanne è sempre più vicino. Prendo il telefono-macchina fotografica per scattare una foto, vedo che c'é un messaggio di mio fratello: non passare dal tratto attrezzato! Inizio un po' ad allarmarmi e mi dico: se è breve come anticipato, non dovrei preoccuparmi, però! Si corre un po', attraversiamo una frana di pietrone, che sembra una cascata congelata. Iniziamo la salita al monte, che da dislivello del GPS, dista non più di 200 metri. Arriviamo, così, al bivio: tratto attrezzato - percorso alternativo. Chiedo: è molto più lungo? - Non lo so! - risponde il volontario - nessuno è passato da qui. E incalza: Guarda, lassù. Puoi vedere il passaggio se vuoi. Allungo il collo, vedo i volontari del soccorso alpino. E più in su, diverse macchiette colorate che stanno raggiungendo la cima.
Decido, quindi, di passare dal tratto attrezzato. Forse, in quel momento, troppo debole emotivamente per prendere la giusta decisione. Salgo, carico. Più per la paura. Mi aggrappo alla corda di acciaio, invito Gino a starmi dietro (e ad infilzarmi con il bastoncino se gli rotolo addosso...) e inizio a tirarmi. Non mi giro, non devo farlo. Il passaggio, a parte due scaloni, in effetti non è troppo difficile. Esposto, ma c'é la corda. Cerco gli sguardi dei due ragazzi del soccorso, quasi invitandoli a darmi una mano in più. Loro è come ci fossero nati su quelle pietre. Superiamo il tratto, ora 10 metri 'normali'. Poi ecco il passaggio che mi fa uscire il cuore dalla gola. Meledette veritigini.
Passo in mezzo ai ragazzi volontari e alcuni trailer che hanno soccorso il ragazzo poi portato via con l'elicottero. Gli passo accanto, sento che gli parlano e vedo che ora sta bene. Probabilmente in questo momento sto peggio io che lui. L'esposizione è ora eccessiva. Ma tengo duro (cosa, poi???) e non guardo più in la di mezzo metro dai miei piedi. E' andata. Ora camminiamo si granito meno esposto e meno pendente. Mi sono agitato un bel po': l'aria che entra nei polmoni mi brucia. Ecco la cima. Ora mi fermo un attimo. E scatto questa maledetta fotografia, da quassu il mondo è mioooo!
Scolliniamo, per un attimo mi sembra di rifare un tratto simile , ma in discesa. Ma è solo un'impressione. Gino mi tranquillizza, come fatto per tutto il tratto precedente. Arriviamo al rifugio dove vicino fa capolinea la cabinovia. Salutiamo un po' di sconosciuti che ci guardano forse con stima, forse con pena. La discesa ora è una pietraia dove è difficile da correre. Sentiamo l'elicottero che arriva e che per un po' girerà sul monte. Ci raggiungono alcuni ragazzi con i quali scenderemo fino a Marciana. Passaggio nel centro storico, poi tratto asfaltato. Esce il sole e si sente subito. Per fortuna è subito bosco, e ora si corre un po' di più.
Ultimo km in comune con l'andata. Rispuntiamo alla fine del paese. Gino mette il turbo e anche io continuo a correre come se mi avessero fatto una inezione di adrenalina: sono appunto gli applausi finali, di sconosciuti, di parecipanti, di amici, uno dei motivi perché il traguardo con qualsiasi tempo è 'il traguardo da raggiungere'. Belin, che bello.