Cantoca - Trail dell'Antola 2011

Non è stata una settimana serena. Le tre notti precedenti alla manifestazione le ho passate con la testa ed energie altrove. Evento normale nella vita, ma sempre doloroso.  Anche se per un essere non umano. Ma il treninno non aspetta. Si deve dimenticare. Si deve correre.

Come spesso accade, la sveglia biologica suona prima di quella elettronica. Saranno solo venti minuti, ma è pur sempre fastidioso. Sono le 5 e 40. Inizio da subito a correre con un atteggiamento fantozziano: il tavolo della cucina è già pronto dalla sera prima. Deve essere solo assemblato con pietanze e affini diligentemente divise e preparate. Ho anche della pasta in padella già cotta. Basterebbe solo una breve scaldata. Ma non riesco. Lo stomaco è chiuso più per altri pensieri che per il l’idea di mangiarla all’alba.

Chiudo la borsa, dopo essermi accertato di aver messo le scarpe. Paranoia ricorrente, quella di dimenticarle, quando il Trail richiede uno spostamento più o meno lungo, o comunque la preparazione della ‘sacca’. Casella ci accoglie con pochi gradi °C. Il sole ancora non scalda e non illumina. Incontro a sorpresa Enrico, compagno di società, che si è iscritto all’ultimo. Saluto anche Alessandro, complimentandomi per l’eccellente prestazione alla UTMB.

La punzonatura artigianale è efficiente quanto quella elettronica. Anzi. L’appello è un valore aggiunto. Si alzano le mani, si tira un urlo. Si ci conosce. Si ci riconosce. Squilla il megafono, si parte. Si sale subito. E subito il gruppo si sgrana. Mi fratello mi lascia, mi attacco ad Enrico. Ma dopo un po’ anche lui aumenta il passo. Perdo tempo, è vero. L’idea di portarmi la macchina fotografica dietro non migliorerà la prestazione, anzi. Ma è un piacere. In poco tempo arriviamo alla colonia di Monte Maggio.

Percorriamo alcuni chilometri al contrario sul percorso del Trail dei Fieschi. Il sole ancora basso e il bosco fitto rendono  questo primo tratto ombroso. In breve si arriva al primo ristoro. Lo stomaco richiede essere riempito. Due buoni pezzi di focaccia, un bicchiere di tè, e via. Si sale di nuovo, più dolcemente. Il panorama si apre. S’intravedono i primi prati. Ahimé si sentono anche gli spari mattutini di una pratica fuori tempo. Incrocio un cacciatore, appena prima di giungere alla Cappelletta della Madonna di Clavarezza Ha il suo trofeo tra le mani, il percorso impone una sterzata,  ma seppur poco timoroso lo saluto a modo mio.  Non capisce, anzi ricambia il ‘non saluto’.  Addio.

La coda della corsa è oramai delineata. Anche se superati di poco più i 10 km, chi è avanti resterà avanti chi indietro resterà indietro. Ma esistono le eccezioni. Italiane. Considerazione che riprenderò tra qualche riga.

La strada asfaltata porta al Passo dell’Incisa e al secondo ristoro. Lo anticipo con tre datteri e una manciata di uvetta con qualche mandorla. Ho sempre fame. Buon segno? No. Al ristoro mangierò altra focaccia e dei gustosissimi biscotti locali. Metto un succo di frutta nello zaino e riparto con Enrico, ora raggiunto. Ma sono un po’ pieno. Forse troppo.

Primo tratto ancora molto panoramico. Si ‘non’ vede la Pianura Padana, avvolta da coltre di nebbia/smog/umidità. Intravedo, invece, una croce da distante: è l’Antola! Ma dopo ulteriori metri percorsi, mi accorgo (e ricordo) che stiamo passando sul crinale del Monte Tobbio.L’Antola è laggiù ancora distante. E’ questo il tratto che più soffro.

L’aria si è scaldata, ma è lontano dall’essere torrida come al Corri Coi Cinghiali. Perché, allora, dopo 13 km camminati facilmente, rallento sempre di più? E’ Trail: incognite. Incongruenze. Sai sempre di partire. Sai anche di arrivare. Ma come non puoi sempre prevederlo.

Saluto i tanti volontari. Nel mio lento passagio davantia loro ascolto anche di segnali captati dall’aereporto di Malpensa (!!!). Ora l’Antola è davvero più vicino. Quella è la sua croce. Apro un gel. Gusto disgustoso. Terribile. E’ tannico come i migliori vini. Ma questo di buono e piacevole non regala nulla. Asciuga la bocca all’istante. Non uso integratori di questo genere. Ho un brutto rapporto. Un po’ condito di preconcetti. Un po’ di normali conoscenze. Ma la fatica, la temporanea ‘poca lucidità' ti fa ripetere gli errori.

Ho un accenno di giramento di testa. Leggerissimo. Momentaneo. Ma quel che basta per allarmarmi. Ho necessità assoluta di glucosio. Subito! Il gel, quindi. Vuoi l’effetto reale, vuoi l’effetto placebo arrivo al bivo dai ruderi ai piedi della cima. Enrico ha buon passo e mi precede di un centinaio di metri. Contuinuo lentamente, salgo e non mi fermo. Se non a metà.

Ecco che riprendo quanto prima anticipato. Mi giro è vedo chi poi non mi ha superato di corsa, ma in classifica. Ma chissenefrega. Sono (siamo) in coda. Ti perdi il sapore dell’impresa. La tua impresa. Arrivare lassù, guardarsi intorno, sorridere e respirare l’aria del piacere. Poveri loro. Anche qui un  minuto per scattare immagini se ne và.

Enrico è laggiù in fondo, ma subito ci rincontriamo al ristoro. L’acqua sta finendo, non esagero anche perché dicono che la fonte è a ‘solo’ sette chilometri. Non mangio. Sono ancora pieno. E un po’ stanco. Inizia la discesa. Camminiamo, incrociamo un branco di cinghiali che almeno per ora sono fuggiti a peggior destino.

Un andamento da elastico ci lega ad un gruppetto che a volte ci prende a volte ci lascia. In esso uno stoico signore senza nessun zaino o borraccia. Ci dice di non aver mai superato la distanza dei 23 km in queste competizioni. Arriverà alla fine. In piedi e sorridente come vorrei io alla sua età. Bravo, anche se un po incosciente.

Inizio a  rompere le palle nel richiedere la distanza mancante alla fonte. Maledetto GPS. Passiamo ruderi, boschi. Scorgiamo eccellenti panorami: Appennino puro. Arriviamo alla fonte: è un rubinetto che prende l’acqua chissà da dove. Questa arriva calda, troppo calda per essere bevuta. Ho più poche scorte, ma l’ultimo ristoro sarà tra breve.

Se cammino piano inizio ad accusare qualche dolore ai quadricipiti. Se aumento il passo, tengo bene... e firmo un ‘pagherò’ con le gambe. Incorciamo altri ragazzi volontari, della protezione civile. Anche se lo so, chiedo a quanto siamo, tra quanto ci sarà il ristoro. Hai voglia di sentirti dire è qua dietro. Dai! Mi hanno detto che c’é una bella discesa a breve! Siete arrivati! Eh! Caro mio, se sapessi cosa vuole dire correre in discesa.

Acqua fresca, finalmente! Focaccia, banane… e formaggio dell’Antola. Una volontaria invita simpaticamente tutti a mangiarlo. Come dire: è lo sponsor… se non ne mangiate il prossimo anno non si correrà. Nessuo vuole questo, ma siamo tutti stanchi. Desideriamo più una zolletta di zucchero o una coca-cola. L’ottimo formaggio, invece, trovarlo a cena la sera stessa. Ma non ora.

Ultima salita. Casella è laggiù. Precipitiamo ad Avosso. Al nostro ritmo, ma corriamo sempre. Ultimo km, a passo veloce. Corsa finale riservata per il traguardo.

All’arrivo applausi e sorrisi. Finisco in 7h32’ con Enrico. Ottimo compagno come al Neander Trail. Fabio, alla sua prima distanza importante, in 7h3’. Ottimo Alessandro, compagno di società, 9° assoluto in 4h40’. Stratosferica la prestazione di Davide Ansaldo, primo in 4h4’ con 30’ di distacco al secondo. Da segnalare anche il tempo di Gilberto Costa, 3° in 4h32’, nonché il suo racconto.

Brava organizzazione. Bella Cantoca, al prossimo anno!